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Alcune riflessioni alla luce della sentenza della Consulta sulla mediazione obbligatoria

 

In una delle cancellerie del tribunale, ho incontrato un bravo Collega, il quale,  con aria più emozionata che soddisfatta, mi ha detto “ Pensavo che ormai avessimo toccato il fondo e invece la decisione della Corte Costituzionale mi ha restituito uno spiraglio di luce e motivazione. Mi sono detto che si può ancora credere in una Giustizia sostanziale”. Si riferiva, evidentemente, alla decisione della Consulta che ha “ cancellato “ l’obbligatorietà della mediazione.

Non si tratta, in verità, di una vittoria dell’Avvocatura quale categoria. I media stanno dando in continuazione la notizia rappresentando, da una parte, le difficoltà che incontreranno le società che hanno investito in strutture di mediazione, dall’altra riducendo la sentenza ad una vittoria degli avvocati che hanno tutelato il proprio lavoro.

Non c’è da stupirsi, in verità, se la gran parte dei media faccia fatica a comprendere la reale portata di talune problematiche. C’è da chiedersi, però, se sia davvero altrettanto faticoso comprendere che la battaglia portata avanti dall’Avvocatura, non solo con riferimento alla mediazione, ma anche in relazione alla indifferenziata soppressione di tutte le sezioni distaccate di tribunale, sia finalizzata alla difesa dei  diritti sostanziali dei cittadini, e di tutti i cittadini. Certo è che  parlare di cittadini appare un po’ anacronistico,dato che, ormai da tempo, politici e governi guardano con attenzione alle esigenze e ai diritti dei “consumatori” ( dimenticando che ,prima d’esser tali, si è parte di un popolo sovrano).D’altro canto la nostra storia di cittadini risulta  essere piuttosto breve (in poco più di 50 anni siamo passati,infatti, dall’esser sudditi al diventare cittadini, per raggiungere, finalmente, lo status beato di consumatori).

In ogni caso, ancora una volta, si deve rilevare che disposizioni in materia di giustizia si rivelano contrastanti con il dettato costituzionale, così come non si può seriamente contestare che gran parte delle più recenti scelte di politica giudiziaria ( dal costante aumento dei contributi unificati alla geografia giudiziaria,dalla media conciliazione obbligatoria all’appello “cassatorio”) non raggiungano seriamente il fine di razionalizzare e riorganizzare la macchina giudiziaria ( sempre che tale fine ci si sia posti), che continua ad andare alla deriva, ma continuano ad appesantire e deviare l’accesso dei cittadini alla Giustizia, palesando un tentativo costante e maldestro di sfrondare una domanda di tutela dei diritti, che non si  riesce a riscontrare( dal che consegue una maggiore facilità di violazione dei diritti stessi), nonché di spostare in parte  verso strutture private la gestione di un potere che per principio costituzionale è demandato allo Stato( che, peraltro,per delega deve gestirlo proprio in nome del Popolo ).

A questo si aggiungano le scelte, di altrettanto dubbia costituzionalità, in materia di geografia giudiziaria, improntate prima ad esigenze di risparmio e solo dopo di  efficienza ( non si comprende, in verità, come possa l’efficienza scaturire dal risparmio tout court peraltro con un indubitabile aumento di costi per i trasferimenti delle sedi soppresse).

Nel suo comunicato stampa il Ministro della Giustizia, sull’argomento, affermava che la soppressione indiscriminata di tutte le sedi distaccate di tribunale( va da sé che una gran parte risultavano inutili o veri e propri “ doppioni” e che la geografia giudiziaria andasse rivista) conseguiva alle notizie pervenute al Ministero ( sarebbe interessante conoscerne la fonte) secondo le quali  l’esperienza delle stesse sezioni distaccate si era rivelata sostanzialmente fallimentare, stante l’inefficienza e la scarsa professionalità. Ci si chiede : inefficienza e scarsa professionalità di chi? Dei giudici? Del personale di cancelleria che opera spesso con unità sottodimensionate e volutamente mai integrate da chi di dovere?Degli avvocati?

Quanto poi alla professionalità, tale affermazione lascia non poco perplessi, dato che, proprio in materia di mediazione obbligatoria, si era previsto di obbligare avvocati con trentennale esperienza a rivolgersi, per la risoluzione delle controversie, ad un mediatore ( non di rado un geometra, un ragioniere, un perito industriale, con tutto il rispetto, sia ben chiaro, per tali figure professionali), che avendo conseguito la necessaria conoscenza e professionalità a seguito di un corso lampo, avrebbe dovuto mediare e risolvere questioni che gli stessi avvocati, magari per mesi, avevano tentato inutilmente di comporre tra i loro clienti.

La sensazione è che manchi, in realtà, una visione d’insieme delle problematiche della Giustizia e che ci si limiti a seguire quella deleteria logica che, una volta, un professore d’altri tempi definì “ del facile reso difficile mediante l’inutile per l’eterno conseguimento del nulla”.

Avv. Giovanni Bellisario

Presidente Camera Forense- Casarano

 

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